Sei colpevole o responsabile?

Non mi piace parlare di colpe. Perché significa cercare il colpevole. E, dal momento che nessuno vuole sentirsi in colpa, la si addossa agli altri. Con il risultato che si arriva allo scaricabarile: la colpa è sempre di qualcun altro.
Preferisco parlare di responsabilità. Come spiega l’etimologia della parola, è responsabile chi è abile, cioè capace, di rispondere, cioè di reagire, nel mondo migliore in situazioni difficili. Tutti rifiutiamo di essere additati come colpevoli. Ma molti accettano di assumersi delle responsabilità.
Chi parla di colpe ha in genere una mentalità accusatoria, negativa, aggressiva. Chi parla di responsabilità è più positivo, collaborativo. E serio. Colpa e responsabilità: due parole che possono sembrare simili, ma che denotano un atteggiamento completamente diverso. Disfattista in un caso, costruttivo nell’altro.

E-mail o telefonata?

Cosa fai, quando sei arrabbiato con qualcuno? Mandi una email o telefoni? Se mandi la mail non ha capito l’importanza della comunicazione. Le parole, da sole, rischiano di creare incomprensioni. Malumori. Screzi. Vanno bene per informare. Ma non quando c’è una questione delicata da risolvere. Molto meglio telefonare: il tono di voce, l’ascoltare le ragioni dell’altro e la possibilità di rispondere immediatamente alle domande consentono di disinnescare una situazione potenzialmente esplosiva. Che, una volta esplosa, può essere irreparabile.
E’ più facile, sull’onda dell’ira, sfogarsi via mail. Premi il tasto Invio. E il danno è fatto. Quelle parole, scritte in un momento di rabbia, resteranno per sempre, come chiodi, conficcate nel cuore dell’altro. Mentre una telefonata avrebbe potuto salvare il rapporto.

Chi troppo cerca ottiene il contrario

Quando ci teniamo molto a qualcosa o qualcuno capita che ci sforziamo di apparire in gamba, simpatici, attraenti otteniamo l’effetto opposto. Perché non siamo spontanei. E appariamo innaturali, artefatti. Tesi, nervosi tesi per paura di fare brutta figura. Quando invece non ci teniamo così tanto siamo più distesi, rilassati. E ci presentiamo meglio. Facci caso: se corteggi una persona cui tieni da impazzire rischi di essere ossessivo, asfissiante. Oppure imbranato. O, ancora, di ridurti ad essere il suo zerbino. E la perdi. Se invece non ci tieni più di tanto rimani te stesso. Le tue qualità rifulgono. E la conquisti. Lo stesso vale sul lavoro.

Comunichiamo sempre. Anche con il silenzio

Un amico si lamenta perché il politico, che in campagna elettorale gli ha promesso un favore, non si fa più trovare. Ha il telefono staccato, la segretaria risponde che è sempre in riunione. E mi chiede come fare a comunicare con lui. Un altro si dispera perché non riesce a comunicare con una ragazza di cui si è innamorato: lei non risponde alle sue chiamate, ai suoi sms, alle sue mail su Facebook.
Entrambi si illudono che il loro interlocutore sia troppo impegnato. E non trovi il tempo di rispondergli. In realtà hanno già ricevuto la risposta. Che è un secco No.
Anche il silenzio comunica. Chi non risponde sta comunicando che non vuole avere nulla a che fare con noi. Rifiutare è legittimo. Non farsi trovare è da cafoni. E da codardi. Meglio dire in faccia Non ti posso aiutare. Oppure Non fai per me. Ma ci vuole coraggio. E rispetto per il prossimo. Doti che non tutti hanno.