Mario Furlan, life coach – Come far cambiare opinione

Mario Furlan, life coach - Copertina del libro "Tu puoi!"

“Tu puoi!”, uno dei due best-seller di Mario Furlan (l’altro è “Risveglia il campione in te!”)

Se non sei più un ragazzino, avrai imparato che è quasi impossibile indurre qualcuno a cambiare opinione, qualunque sia l’argomento in discussione: politica, religione, calcio… E avrai imparato che è totalmente impossibile fargli cambiare opinione con uno scontro frontale, attaccando le sue idee. Perché a quel punto entra in gioco l’ego: anche se capisco che tu hai ragione, e io ho torto, non lo ammetto perché ammetterlo significherebbe perdere il match.
Per portare qualcuno dalla tua parte non sfidarlo, ma trova invece punti di contatto. Se ci sono argomenti sui quali la vedete allo stesso modo, sottolinealo. E falli sembrare più importanti di quelli dove invece c’è un contrasto. E se capisci di avere torto, e sei abbastanza coraggioso, ammettilo: lo fanno pochissimi, farai un figurone!

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Storie di successo – Piermaurizio Di Rienzo, un giovane che vede lontano

Piermaurizio Di Rienzo

Piermaurizio Di Rienzo

Piermaurizio Di Rienzo, 33 anni, svolge due lavori. Ciascuno dei quali sarebbe sufficiente a riempire totalmente la giornata a una persona normale. Ma lui è speciale. Alla sua giovane età è sia amministratore delegato della Pellux, brand di valigie di lusso noto nel mondo, sia anche fondatore e amministratore delegato di Mi-Tomorrow, il quotidiano free press del pomeriggio che distribuisce ogni giorno, dal lunedì al venerdi, oltre 120mila copie nel capoluogo lombardo. Se il primo impegno di Piermaurizio è notevole, il secondo ha dell’incredibile. Perché nessuno avrebbe scommesso un euro sulla sopravvivenza, figuriamoci sul successo, di un giornale gratuito del pomeriggio, in un’epoca di crisi in cui i giornali chiudono. “E’ stata una bella sfida – sorride lui. – Siamo partiti in quattro, e siamo arrivati in quattro: segno che ci crediamo tutti, e che la compagine sociale è bella salda.” Mi-Tomorrow viene distribuito da studenti universitari ogni sera, dalle 17 alle 20, in una decina di punti strategici della città. “E’ una distribuzione hand-to-hand: il giornale glielo diamo in mano, non lo lasciamo nei raccoglitori dove a volte rimane a invecchiare” sottolinea Di Rienzo. Come è possibile che la gente, uscendo dall’ufficio, abbia voglia di sfogliare un giornale dopo essere stata tutto il giorno a leggere news online? “Semplice: non diamo le notizie del giorno che già conoscono, ma anticipiamo ciò che succederà l’indomani. Parliamo degli eventi che Milano si appresta ad ospitare, e spieghiamo che effetto avranno sulla vita cittadina. Se, ad esempio, si svolgerà un concerto di Vasco a San Siro, spieghiamo come arrivarci, dove ci potranno essere ingorghi, che mezzi pubblici prendere..” Vi occupate di poltica? “Poco. In occasione delle elezioni comunali dovremo parlare anche di politica, ma per stimolare i candidati a prendere posizione sui temi più caldi. Normalmente, però, i nostri argomenti sono gli eventi, la cultura, gli spettacoli e le opportunità di lavoro. Ci interessa, insomma, ciò che sta per succedere in città.” Siete gli unici a farlo. “In Italia certamente sì. All’estero esiste un modello al quale in parte ci ispiriamo: è Time Out, la rivista che si legge per sapere dove andare, perché andarci e come andarci. E come Time Out, anche Mi-Tomorrow è un giornale che non si butta via al termine del viaggio in metrò, ma che si porta a casa e si conserva fino all’indomani. Perché contiene notizie utili per la serata e per il giorno dopo.” Il lettore tipo? “Cinquanta per cento uomo, cinquanta donna. L’età media è tra i 26 e i 45 anni: la fascia più appetibile per gli inserzionisti pubblicitari.” Come va la pubblicità? “Bene: gli inserzionisti hanno capito che la fascia oraria del pomeriggio va tenuta in considerazione. Cerchiamo sempre di tenere alto il livello anche in quest’ambito, coinvolgendo grandi inserzionisti capaci di darci prestigio.” Dopo Mi-Tomorrow, ci potranno essere Roma Tomorrow, Torino Tomorrow e così via? Di Rienzo sorride, sornione: “Perché no?”

Mario Furlan è orgoglioso di presentare storie di successo di persone che, come Piermaurizio Di Rienzo, sono riuscite a raggiungere risultati importanti, e che con il loro esempio ci ispirano a fare sempre meglio.
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Mario Furlan, life coach – Quando perdi la pazienza, perdi la stima degli altri

Mario Furlan, life coach

Mario Furlan, life coach

Perdi la pazienza, ti arrabbi, dici qualcosa di troppo e… patatrac! Hai rovinato una relazione per sempre. Non serve poi chiedere scusa: ormai il danno e fatto. Soprattutto se quelle parole le hai scritte, ad esempio in una mail. Che l’altro stampa, conserva e ritira fuori a distanza di anni per sentirsi offeso con te come il primo giorno.
Imparare a non perdere il controllo dei nostri nervi, e della nostra lingua, è fondamentale per avere rapporti sereni. E per essere stimati. Chi perde la pazienza facilmente, chi urla e sbraita finisce per l’essere considerato un isterico. Un incontinente verbale. Una persona difficile. E nessuno ama frequentare la gente difficile, visto che la vita è già difficile di suo…

Mario Furlan è docente universitario di Motivazione. E’ fondatore dei City Angels e creatore del Wilding, l’autodifesa istintiva. www.mariofurlan.com www.wildingdefense.com www.alfacoaching.org 

Mario Furlan, life coach – Le due F dei grandi risultati

Per creare qualcosa di grande, di bello, di concreto ci vogliono le due f: fatti e fede.
I fatti servono per conoscere la situazione. Per tenere i piedi per terra. Per sapere su cosa, e su chi, posso contare. Per non perdermi in voli pindarici, in sogni velleitari.
La fede serve per credere che ce la posso fare. Per alzarmi in volo. Un volo con una traiettoria precisa, ben definita. Suffragato da dati di fatto. Ma che si eleva sopra i semplici fatti. Grazie alla forza della fiducia. In se stessi. E nella bellezza dei propri sogni.
Chi si basa solo sui fatti, ma non ha fiducia, resta fermo. Chi ha fiducia, ma perde di vista i fatti, resta deluso. Mentre unendo le due f si raggiungono le vette più alte.

Mario Furlan, life coach – Niente processo alle intenzioni!

“Hai voluto farmi del male di proposito!” “No, non è vero!” “Invece sì!” “Invece no!” Sappiamo come vanno a finire certe discussioni: tu rinfacci all’altro un comportamento doloso, l’altro si difende e si finisce in rissa. Ti consiglio, quindi, di evitare il processo alle intenzioni. Accusare di aver voluto fare qualcosa di negativo significa avere la presunzione di leggere nella mente dell’altro. D’accordo, lui si è comportato male; ma sei sicuro che l’abbia fatto volontariamente? E se anche così fosse, rinfacciarglielo non serve: lui ribatterà che è falso. Meglio, invece, dirgli come tu hai reagito al suo agire. “Mi sono sentito ferito”; “Non riesco a fidarmi di te”; non lo stai accusando, ma stai esprimendo le tue reazioni. E lui eviterà di mettersi sulla difensiva.

Mario Furlan, life coach – Come rendersi antipatici

Molti cercano di rendersi simpatici in compagnia. Pochi ci riescono. Non ci riesce chi vuole attirare tutta l’attenzione su di sé.. Non pretendere di essere l’unico sotto i riflettori; lascia che anche altri ne vengano illuminati.
Non suscita simpatia chi mette a disagio con frecciate sarcastiche contro gli astanti. Non è elegante ridicolizzare gli altri, e non basta giustificarsi dicendo “Ma stavo scherzando, era solo una battuta”. Le battute non devono offendere per essere divertenti. Vuoi essere ironico? Ironizza su te stesso. Non prendere in giro. Ma prenditi in giro. Gli altri apprezzeranno doppiamente. Perché sei rispettoso dei sentimenti altrui. E perché sei capace di non prenderti troppo sul serio.

Fai più di quanto viene richiesto, li stupirai!

Molti cercano di impegnarsi il meno possibile. Di lavorare il meno possibile. Di fare il minimo sindacale. Di non fare nulla oltre lo stretto necessario. Perché non amano ciò che fanno. Perché sono pigri, svogliati. Perché pensano che sia inutile. O perché pensano che impegnarsi di più sia inutile.
Il mio consiglio è invece di fare più di quanto viene richiesto. Appunto perché sono in pochissimi a farlo, chi non si limita all’indispensabile, ma fa un passo oltre emerge subito nella massa. Chi ti consegna il mobile il giorno prima del previsto; chi ti dà un bonus oltre a quanto pattuito; chi finisce il lavoro in anticipo; chi offre qualcosa in più allo stesso prezzo è raro, rarissimo. E non passa inosservato.

Chi se la tira è insicuro

Chi se la tira è insicuro. Ha bisogno di nascondere la sua scarsa autostima dietro una cortina fumogena di titoloni, qualifiche e patacche. Ricordo le mail,  grottesche, del presidente di un’azienda ai suoi dipendenti. Iniziavano con “Io, Amministratore delegato della società…”, e terminavano con la sua firma e, sotto, di nuovo la qualifica “Amministratore delegato della società”. Come se chi lavorava con lui non sapesse che era il capo. Perché, allora, aveva bisogno di ribadire continuamente il suo ruolo? Perché era insicuro. E temeva che qualcuno potesse toglierglielo. Chi, invece, è sicuro di sé non ha queste smanie. Sa che vale comunque. Non per la qualifica che ha, ma per quello che è.

E-mail o telefonata?

Cosa fai, quando sei arrabbiato con qualcuno? Mandi una email o telefoni? Se mandi la mail non ha capito l’importanza della comunicazione. Le parole, da sole, rischiano di creare incomprensioni. Malumori. Screzi. Vanno bene per informare. Ma non quando c’è una questione delicata da risolvere. Molto meglio telefonare: il tono di voce, l’ascoltare le ragioni dell’altro e la possibilità di rispondere immediatamente alle domande consentono di disinnescare una situazione potenzialmente esplosiva. Che, una volta esplosa, può essere irreparabile.
E’ più facile, sull’onda dell’ira, sfogarsi via mail. Premi il tasto Invio. E il danno è fatto. Quelle parole, scritte in un momento di rabbia, resteranno per sempre, come chiodi, conficcate nel cuore dell’altro. Mentre una telefonata avrebbe potuto salvare il rapporto.

Il potere: buono o cattivo?

Riconosciamo il valore di una persona a seconda di come si comporta quando acquisisce potere. Perché il potere amplifica la sua essenza. Potere: una parola che spesso suscita diffidenza, ostilità. Perché c’è chi lo usa per sentirsi importante. Per comandare con arroganza. Esercitando il potere alcuni fanno emergere il loro lato peggiore; è capitato a tutti di imbattersi in pubblici ufficiali che godono nel vessare gli altri. Mentre altri capiscono che più potere hai, più puoi influenzare positivamente il tuo ambiente. Queste persone intendono il potere come servizio. E come dovere. Più potere hanno, più diventano umili, premurose, gentili, disponibili. Perché sanno che al potere si accompagna la responsabilità.