Mario Furlan, life coach – Perché le fake news ti fanno ammalare

Le fake news nuocciono gravemente alla salute

Le fake news nuocciono gravemente alla salute: questo articolo ti spiega il perché

Le fake news nuocciono non solo alla verità, ma anche alla salute. Mentale, e fisica.
Infatti la parte più antica e potente della nostra mente – il cervello rettiliano –  ha un compito fondamentale: farci sopravvivere. Per questo è costantemente all’erta, pronto ad attivarsi se vede un pericolo. Vero o presunto.

Le fake news ci colpiscono proprio perché sollecitano questo aspetto del nostro cervello. Guarda caso, sono sempre negative, mai positive. E proprio per questo ci mettono in allarme. Ci agitano. Ci fanno spaventare, indignare o infuriare. Producono emozioni forti, e massicce scariche di adrenalina e cortisolo. Che, a lungo andare, logorano il sistema nervoso. Abbassano le difese immunitarie. Producono stress, tachicardia e respiro affannoso. E ci fanno vivere nell’ansia. Possono arrivare a provocare ipertensione e infarti, oltre ad un’estesa serie di patologie che vanno dalla cattiva digestione (come se non riuscissimo a digerire certe notizie!) all’insonnia (le tragedie non ci lasciano dormire). Tutto questo incide anche sul nostro carattere. Se siamo convinti di vivere in un mondo di orribile e terribile, saremo meno cordiali e aperti e più guardinghi e aggressivi. Ci terremo sulla difensiva, per difenderci dai pericoli che ci circondano. E, naturalmente, questo inciderà sui nostri rapporti sociali.

Un esempio clamoroso di fake news

Un esempio eclatante di fake news l’abbiamo avuto negli ultimi due mesi, in corrispondenza con le elezioni americane. Molti continuano a credere che Trump abbia perso a causa di brogli estesi, che però non sono mai stati dimostrati. E il fatto che non siano mai stati dimostrati è, secondo i complottisti, la prova che le menti che li hanno architettati sono diaboliche. Talmente diaboliche che non hanno lasciato traccia. E’ una bufala che va a segno perché indigna, fa ribollire il sangue: che scandalo, che vergogna, un imbroglio così colossale negli Stati Uniti, la terra della democrazia!

Un’altra bufala colossale è quella secondo cui Joe Biden sarebbe, insieme con Hillary Clinton (guarda caso i due rivali elettorali di Trump), a capo di un’organizzazione mondiale di pedofili satanisti. Che sgozzano i bambini per bere il loro sangue. Una panzana truculenta che, a rigor di logica, non dovrebbe essere nemmeno presa in considerazione da chi ha un minimo di discernimento. Eppure c’è chi, pur non essendo stupido, ne è convinto. Perché questa notizia fasulla è come un pugno nello stomaco. Coinvolge i bambini. I più deboli, i più indifesi. Suscita immagini di piccini che urlano e sanguinano: scene raccapriccianti. Che non ci possono lasciare indifferenti, soprattutto se siamo genitori. E che stimolano fortemente il cervello rettile.

Chi produce le fake news conosce bene i meccanismi psicologici e le reazioni del nostro cervello. E sa colpirci nei punti deboli. Lui ci guadagna, che si tratti di visualizzazioni sul suo sito o di denigrare l’avversario politico. Ma noi abbiamo solo da perderci, ad abboccare all’amo delle bufale. Quindi non credere a tutte le notizie choc che leggi sui social. Anzi. Più sono sconcertanti, più è probabile che siano balle!

Ogni giorno su Facebook  i consigli del life coach e motivatore Mario Furlan per la tua motivazione e la tua crescita personale!

Rocco Bronte e Davide Roccaro, creatori di Volit

Rocco Bronte e Davide Roccaro

Rocco Bronte e Davide Roccaro

“Abbiamo creato il primo marketplace italiano dove la concorrenza e’ finalmente ad armi pari!”
Rocco Bronte e Davide Roccaro sono felici della loro nuova creatura. Bronte e Roccaro sono due imprenditori impegnati nel settore marketing e web. Spiegano: “Abbiamo pensato e iniziato a sviluppare Volit.it ancor prima della pandemia con l’idea di rivoluzionare il mondo dell’e-commerce in Italia creando un ambiente di concorrenza ad armi pari. E durante il lockdown ci siamo trovati di punto in bianco in balia degli eventi, chiusi in casa, disinformati e senza possibilità di organizzarci. Parlo sia dal punto di vista di chi lavora in modo autonomo che dei privati cittadini. Non eravamo preparati neanche per soddisfare le necessità primarie della nostra quotidianità. Così si spiegano le code per fare la spesa e l’assalto a piattaforme di acquisto online a cui abbiamo assistito da marzo in avanti”.

E chi non era preparato a vendere online? Come ha fatto? Sono nati gruppi di acquisto sui social, via whatsapp, attraverso il passa parola. E tutto senza un supporto ordinato e normato.

 Volit.it è la risposta

Per questo Bronte e Roccaro hanno creato Volit. it.
Si tratta di una piattaforma digitale che permette, dopo aver superato i vari passaggi di registrazione, di essere velocemente online e di poter vendere senza dover pagare anticipatamente commissioni o quote di iscrizione da subito!
Volit.it si rivolge in modo equo sia a chi vuole vendere online senza fare investimenti prima ancora di aver iniziato che a chi compra, attraverso uno sviluppo e una politica attenta alla tutela del consumatore.
Su volit.it possono iscriversi per diventare venditori, solo partite iva italiane che dimostrino di essere attive al momento dell’iscrizione e che contribuiscono all’economia del nostro paese. Dal lato di chi acquista, non ci sono limiti a meno che non sia il venditore a porli, nelle sue politiche di vendita.

Quindi che differenza c’è tra Volit e le altre piattaforme di vendita online?

“Come dicevamo prima  – rispondono Rocco Bronte e Davide Roccaro – per vendere bisogna avere partita iva italiana e questo permette di avere una concorrenza ad armi pari con gli altri venditori. Non possono vendere su volit, i privati ne le aziende al di fuori dell’italia. Questa è una tutela molto forte che abbiamo voluto per i nostri venditori.
Inoltre Volit, essendo un Marketplace, si pone come facilitatore per la vendita e il rapporto è sempre tra negoziante e acquirente. Abbiamo quindi sviluppato una chat che dia la possibilità a chi compra, di avere informazioni direttamente dal negoziante che in questo caso fa da consulente. Quest’ultimo può quindi continuare a svolgere la propria attività con lo stesso scopo di sempre, ma con modalità diverse”.

Quali sono le categorie merceologiche presenti?

“Attualmente abbiamo inserito le principali categorie che sono di interesse comune, ma siamo sempre in aggiornamento per inserire ciò che ci viene richiesto dai venditori. In più, abbiamo pensato anche a chi in questo periodo si trova chiuso per via dei vari DPCM. Infatti su Volit.it abbiamo considerato diverse categorie alimentari e di servizi. Ad esempio chi in questo momento non può lavorare per via del decreto, può comunque vendere voucher che andranno riscattati quando la situazione sarà migliorata. In questo modo diamo la possibilità a tutti di continuare a fare business malgrado le difficoltà e le restrizioni”.

Come state informando il territorio?

“Stiamo facendo delle convenzioni con le associazioni di tutto il territorio nazionale, abbiamo già siglato una convenzione con Confcommercio Lombardia, Calabria e presto anche con il Lazio, oltre ad Associazione Imprenditori Nord Milano, Federcomtur e stiamo iniziando a collaborare con i vari comuni in sinergia con i rappresentanti locali dei Commercianti. La prima iniziativa partirà in questi giorni dal comune di Cologno Monzese grazie al Sindaco Angelo Rocchi e all’assessore al Commercio Giuseppe Di Bari.

Ci avvaliamo anche della collaborazione di alcuni partner – uno di questi è la società Dominanza Digitale che si occupa di performance Marketing-  con l’obiettivo di fornire  sempre più strumenti ai venditori per migliorare la propria visibilità”.

Un’ultima domanda, dove volete arrivare con Volit.it?

“Il nostro sogno è di creare, anche attraverso la collaborazione con altri attori del territorio, un’intera filiera di servizi per aziende e negozi che attualmente non sono presenti online o non hanno ancora deciso di puntare con forza sulla vendita attraverso il web. Il nostro progetto considera la sostenibilità, la collaborazione ma anche la conversione di posti di lavoro che non andranno persi, ma riadattati a questo nuovo modo di fare “negozio”.”