Mario Furlan, life coach – Perché siamo complottisti

Le teorie complottiste piacciono: ne è la prova la diffusione di Qanon in tutto l'Occidente

Le teorie complottiste fanno presa su un’ampia fascia della popolazione: ne è la prova la diffusione di Qanon in tutto l’Occidente

Il vaccino antiCovid contiene un microchip con il quale veniamo comandati a distanza.
Le ultime elezioni americane, quelle che hanno eletto Joe Biden presidente, sono state falsate da brogli elettorali ai danni di Trump.
Il mondo è governato da una cricca di satanisti pedofili che bevono il sangue di neonati sgozzati.
Sono solo alcune delle mille bufale che circolano sul web, e a cui milioni di persone credono ciecamente. Secondo un sondaggio, almeno l’80% degli italiani abbocca ad almeno una teoria cospirativa. Quanon, il gruppo politico cospirazionista di estrema destra nato negli Usa, fa proseliti in tutto l’Occidente. E non si tratta soltanto di stolti analfabeti, ma anche di laureati e di persone intelligenti.

Perché?
Perché attraverso le teorie del complotto noi umani riusciamo a soddisfare tre bisogni fondamentali, che sono profondamente radicati nel nostro animo.

1) Il bisogno di certezze: c’è sempre una facile spiegazione per tutto
Il mondo non è mai stato tanto complesso, e dalla fine della seconda Guerra mondiale ad oggi  ad oggi il futuro non è mai stato tanto incerto. Ci sentiamo preoccupati, confusi ed impauriti. Le nostre vecchie sicurezze vengono meno, e abbiamo bisogno di nuove. Cosa può quindi fornirci più certezze assolute di una teoria complottista che, come tutte queste tesi, fornisce una spiegazione ultrasemplificata a tutto ciò che accade nel mondo: la colpa di ogni evento è sempre della stessa elite criminale che governa il mondo, e noi del popolo siamo le sue vittime innocenti.
Il vittimismo è, da un certo punto di vista, gratificante: tu non sei responsabile di nulla, non c’entri niente, la colpa è sempre e solo degli altri.

2) Il bisogno di sentirsi importanti e di suscitare attenzione
I complottisti mi hanno spesso guardato con sufficienza, dall’alto al basso. Come dire: noi siamo quelli che sanno la verità, tu sei un povero idiota che segue il mainstream.
Questo sentirsi intellettualmente superiori è molto appagante. Chi dichiara di combattere l’elite malvagia che domina il mondo è felice di sentirsi parte di una casta di illuminati. Ed è felicissimo di suscitare lo stupore e l’interesse degli altri con le loro teorie: è un modo per essere al centro dell’attenzione.
C’è chi crede alle loro tesi strampalate, e chi no. Qualcuno li deride. Ma più li prendi in giro, più loro si convincono di essere nel giusto. E più si sentono parte del loro club di illuminati, gli unici detentori della verità assoluta. E questo ci porta al terzo bisogno da soddisfare:

3) Il bisogno di appartenenza e di unione
I complottisti sono un po’ una setta. Si scambiano video su Whattsapp e su Telegram, che condividono con gli amici. Ma solo con quelli che hanno le loro stesse idee, o con quelli che pensano di poter convertire. La raccomandazione che spesso si scambiano è: Non farlo vedere a chi crede nella verità ufficiale, tanto non capirebbe.
Ho vari amici complottisti. Bravissime persone, che però non mi considerano degno di far parte del loro circolo. Perché, secondo loro, sono uno stupido, che non vuole accettare la loro indiscutibile verità.
Le loro verità sono come dei dogmi di fede: se le accetti sei uno di loro, se le rifiuti sei un credulone vittima del bugiardissimo mainstream. E’ curioso che non credano nei “giornaloni”, come li chiamano, ma non hanno alcun dubbio nella veridicità di articoli che provengono da fonti improbabili, ampiamente dimostrate come false. Ma, lo sappiamo, più mostri a un complottista che sbaglia, più lui è convinto di avere ragione. Pertanto è inutile cercare di discutere con loro. Serve molto di più, invece, capire quali sono i bisogni psicologici che vengono soddisfatti da questo loro modo di essere.
Non cerchiamo di cambiarli: d’altronde sappiamo che è già difficile cambiare noi stessi, figuriamoci un altro essere umano. Accettiamoli per come sono. E vediamo il positivo che è in loro. Il fatto che qualcuno creda che la terra sia piatta non mi impedisce certo di volergli bene. Non mi soffermo su ciò che ci divide, ma su ciò che ci unisce. Che è molto di più, e molto più importante.

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Ecco i 10 comandamenti del Back to office

Ecco un ufficio a misura di relazione

Ecco un ufficio a misura di relazione

6 DIPENDENTI SU 10 RIFIUTANO IL RIENTRO IN UFFICIO, SECONDO GLI ESPERTI SERVE UNA NUOVA “WORKPLACE CULTURE”: ECCO I 10 COMANDAMENTI DEL BACK TO OFFICE

Lavorare bene significa vivere bene”: con queste parole Tommaso d’Aquino definisce una voce verbale attuale e relazionata al desiderio sempre più incessante dei professionisti di abbandonare l’ufficio per proseguire la carriera professionale all’interno delle mura domestiche. Le prime conferme a riguardo giungono da Harvard Business Review, secondo cui 6 americani su 10 (65%) vogliono lavorare interamente da remoto, rifiutando il rientro in ufficio. La situazione non cambia in Europa: secondo Employee Benefits, infatti, nel Regno Unito addirittura 8 professionisti su 10 (78%) cambierebbe lavoro nel caso in cui venisse loro offerto di lavorare interamente da remoto. E in Italia? Lo smartworking a tempo pieno è la scelta ideale per il 23% dei professionisti del Bel Paese. All’interno di questo scenario globale sorge quindi una domanda: come possono muoversi i leader d’azienda per promuovere il back to office? La risposta è la “new workplace culture”: si tratta dell’insieme di iniziative introdotte dai datori di lavoro per disegnare nuovi ed ingaggianti uffici che possano risvegliare la gioia dei dipendenti.

Questo è ciò che emerge da una serie di ricerche condotte da Espresso Communication per Senso, company di proprietà di Younitestars, che scende in campo a supporto dei propri operativi grazie a nuovi workplace a misura di relazione”. “Gli eventi globali hanno rivisitato il mondo del lavoro, allontanando sempre di più i professionisti dai singoli uffici – afferma Gianmaria Monteleone, CEO e founder di Senso e Younitestars – Per limitare questa dinamica, abbiamo deciso di progettare i nostri uffici in modo tale da realizzare veri e propri spazi a misura di relazione. Ciò vuol dire che i professionisti hanno la possibilità di confrontarsi con i colleghi nella forma più immediata possibile. In quanto azienda di rilievo del nostro settore, vogliamo continuare a crescere e siamo consapevoli che questo sviluppo deve partire dal nostro headquarter e dal benessere dei nostri collaboratori”.

Le parole di Monteleone corrono di pari passo con quelle di Meytal Cohen, interior designer e docente di NABA, che ha gestito il progetto di riqualificazione degli uffici di Senso e Younitestars: “Con la pandemia ha preso piede un nuovo modo di lavorare che ha spinto leader d’impresa e datori di lavoro ad apportare modifiche utili al benessere dei singoli dipendenti. È possibile promuovere il back to office adottando una workplace culture incentrata su spazi a misura di dipendente. Il progetto di riqualificazione degli uffici di Senso e Younitestars fornirà ai collaboratori opportunità di connessione e collaborazione a 360°”.

Ecco, quindi, le 10 innovazioni più sorprendenti per ridisegnare i workplace:

  • Promuovere ufficia misura di relazione”.
  • Installare diffusori sul pavimento utili a rendere l’aria dell’ufficio sempre fresca e pulita.
  • Realizzare “ambienti salutogenici” per apprezzare il contatto diretto con la natura.
  • Incrementare la sicurezza degli ambienti di lavoro con sensori tecnologici di ultima generazione.
  • Introdurre spazi di coworking per accogliere eventuali collaboratori oppure partner e clienti.
  • Riorganizzare gli spazi secondo l’idea dell’edificio capovolto.
  • Creare yoga room utili al benessere dei dipendenti.
  • Dare spazio alla privacy dei professionisti con aree ad hoc.
  • Introdurre postazioni per il “lavoro di coppia”.
  • Prestare attenzione al colore del proprio ufficio.