Mario Furlan, life coach – Come burocrazia e protocolli ci stanno togliendo l’umanità

Il lavoro del burocrate? Spesso inutile, o addirittura dannoso

Il lavoro del burocrate? Spesso inutile, o addirittura dannoso

Cosa pretende la burocrazia?
Che tutto segua un lungo iter prestabilito Con i suoi bravi timbri, passaggi, procedure. E con le sue mille, inevitabili autorizzazioni. Che fanno perdere tempo. E anche la voglia di proseguire. In un mondo che corre sempre più veloce, la burocrazia soffocante rallenta, ostacola e a volte affossa anche i progetti più belli.
Il burocrate, lo sappiamo, non è affatto interessato al risultato. E non per colpa sua: così gli viene chiesto. Deve soltanto verificare che il lungo, estenuante processo di verifica venga seguito punto per punto.

Si privilegiano le scartoffie rispetto all’obiettivo

Questo modo di procedere, che privilegia le scartoffie rispetto all’obiettivo, si è diffuso in vari settori. Tra cui quello medico. Oggi, di fronte ad un malato, molti medici hanno un riflesso automatico: bisogna seguire alla lettera il protocollo previsto per quella malattia. L’abbiamo visto nel caso del Covid, continuiamo a vederlo in innumerevoli altri casi. Se poi il paziente muore, poco importa: nessuno potrà rimproverare alcunché al medico, che ha diligentemente, e scrupolosamente, seguito quanto impostogli dall’alto.
Come ben si capisce, seguire pedissequamente il protocollo serve a sgravare il medico da qualunque responsabilità. E ad evitare che finisca in tribunale. Il che, in una società dove rischi una denuncia ad ogni piè sospinto, non è cosa da poco. Ma la conseguenza è che viene meno il rapporto umano tra medico e paziente: quest’ultimo si riduce ad un numero, da trattare come tutti gli altri numeri. Senza prestare attenzione alle sue necessità, e al fatto che ciò che funziona con Tizio potrebbe non funzionare affatto con Caio. Perché non siamo tutti uguali. E quindi, ovvia conseguenza, non può esistere un protocollo identico per tutti.

Se giochi in difesa non segni mai

Purtroppo il giocare tutto in difesa impedisce di segnare il goal. Non si bada più a guarire, ma ad evitare le rogne. Non conta raggiungere un obiettivo, ma l’unico obiettivo è non rischiare grane foriere, chissà, di gravi conseguenze giudiziarie. E questa mentalità, che pregiudica la collaborazione tra esseri umani e il tendersi la mano, si è diffusa in ogni ambito della nostra società: l’amministratore pubblico ha paura di firmare le carte perché potrebbe, involontariamente, violare qualche codicillo; l’impiegato preferisce negare il permesso perché potrebbe, chissà, finire in qualche guaio per omesso controllo o per avere saltato uno dei moltissimi passaggi richiesti.
Tutto ciò cui bisogna stare attenti è una cosa, e una sola: pararsi il culo.

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Informazioni su Mario Furlan

Mario Furlan è docente universitario di Motivazione e crescita personale all'università Bicocca di Milano. Ha scritto vari best-seller motivazionali, tra cui "Risveglia il campione in te!", "Tu puoi!" e "Felici per sempre". E' stato eletto "miglior life coach italiano" dall'Associazione Italiana Coach. E' noto anche come creatore del Wilding, l'autodifesa istintiva, e dei City Angels. www.mariofurlan.com

2 risposte a “Mario Furlan, life coach – Come burocrazia e protocolli ci stanno togliendo l’umanità

  1. Beh, direi che come sintesi rasenta la perfezione.
    L’unica cosa che Mario Furlan non può dire per ovvi motivi… burocratico-legali, la dico io: il burocrate c’entra, eccome.
    Non l’impiegato, che agisce come descritto nell’articolo, ma il burosauro, quello di alto livello che, dietro originario ‘suggerimento’ politico, fa in modo che il cittadino debba passare per ogni cosa, possibilmente anche quella privata interpersonale, dalle maglie dello Stato.
    Perché sia chiaro: non è lo Stato (qualunque cosa si intenda con questa parola) che lavora per promuovere l’autorealizzazione dei cittadini, tutt’altro; sono i cittadini che devono ricordarsi di essere sudditi dello Stato, sentendosi sempre in colpa e regredendo all’infanzia, percependone l’onnipresente potere di padre-padrone.

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