AD AGRATE APRE I BATTENTI “BLUEMERS”: IL NUOVO CENTRO NATO PER SUPPORTARE BAMBINI CON DIAGNOSI DI AUTISMO E LE LORO FAMIGLIE
Il nuovo centro di riabilitazione di via De Capitani, nato per seguire, accompagnare e supportare i pazienti con diagnosi di disturbo dello spettro autistico e le loro famiglie, apre ufficialmente i battenti. In seguito ad un evento di presentazione, tenutosi presso l’Auditorium Mario Rigoni Stern di Agrate Brianza, Bluemers (bluemers.it) inaugura in città una struttura clinico-riabilitativa che vuole porsi sul territorio come punto di riferimento per chi quotidianamente vive questo disturbo, ma anche come incubatore scientifico per progetti e attività di ricerca che riguardino l’autismo.Restando sulla stessa lunghezza d’onda, in data sabato 16 novembre è prevista una mattinata a porte aperte nella quale sarà possibile visitare la struttura e conoscere la famiglia Bluemers tra le 9.30 e le 13.00. “Il nostro focus è quello di realizzare una sinergia tra uno specifico modello clinico e un rigoroso modello scientifico di autismo che possa essere supportata e massimizzata da un modello gestionale efficiente – dichiara Lucia Fumagalli, fondatrice di Bluemers – Secondo noi questa strategia non deve solo affrontare l’autismo nella sua declinazione di emergenza sociale e sanitaria, ma vuole, soprattutto, rappresentare un modello combinato, efficace e replicabile per il futuro”.
L’autismo è, infatti, un disturbo complesso. “Si tratta, da un lato, di una condizione medica con basi neurobiologiche specifiche, seppur molto complesse e in larga parte ancora poco conosciute, dall’altro lato una condizione del neurosviluppo che spesso comporta oltre ai sintomi definiti core, come alterazioni della comunicazione e della socializzazione oltre che degli interessi, anche profili atipici di funzionamento in ambiti come il processamento sensoriale, percettivo e motorio – precisa Laura Villa, Neuropsichiatra Infantile oltre che responsabile clinico del centro – In questo senso, le persone con diagnosi di autismo possono mostrare specifici profili di forza, differenze, debolezze e disabilità che sfociano in un’esperienza di vita che può risultare più o meno adattiva rispetto ad un determinato ambiente. Per questo i disturbi dello spettro autistico ci pongono di fronte a innumerevoli sfide, alle quali, con questa nuova struttura e una squadra di professionisti con competenze diversificate sia in ambito medico clinico che psicologico riabilitativo, vogliamo rispondere”. Il centro, che può contare sul Consorzio Vero Volley in qualità di partner, si struttura lungo tre linee di attività mutualmente connesse e in continua sinergia: riabilitazione, ricerca e abilitazione. Per quanto riguarda la prima linea di intervento, Bluemers vuole rappresentare un’innovativa realtà riabilitativa in grado di seguire il paziente con autismo, la sua famiglia e il contesto allargato offrendo un servizio flessibile e modellato “sartorialmente” sul singolo bambino. La seconda, invece, lungo le tre componenti identificabili con “ricerca di base”, “ricerca clinica” e “ricerca applicata”, vuole offrire metodologie, strumenti e indicazioni per l’attività presente e futura del centro. Abilitazione, infine, risponde, all’esigenza di “contaminazione dei contesti”, ovvero all’esigenza di “generalizzare” quanto appreso nei setting riabilitativi anche in contesti sportivi, ludico-ricreativi e pseudo-lavorativi.
Questo perché il disturbo dello spettro autistico, benché si configuri come un disturbo del neurosviluppo, impatta nella sua cronicità tutto l’arco della vita. “Predisporre adeguati servizi per il tempo libero e possibili percorsi occupazionali significa anche garantire forme adulte di sostegno – aggiunge Beppe Fumagalli, primo investitore nel progetto Bluemers – Quella che ci accingiamo ad affrontare con questa iniziativa rappresenta prima di tutto una sfida antropologica, etica e civile. Dobbiamo studiare per comprendere, comprendere per supportare e, infine, supportare per rendere la nostra società sempre più pronta a dare risposte a chi fatica a trovarne. Solo in questo modo si possono costruire percorsi clinici che vadano in parallelo e integrino percorsi di reale inclusione. Concludo facendo un breve cenno sulle famiglie dei pazienti, le quali saranno coinvolte in ogni momento, allo scopo di massimizzare l’effetto del trattamento contribuendo a formare i caregivers e permettendo quindi al paziente maggiori occasioni di apprendimento in contesti ecologici. Per questo motivo sono previste sessioni di lavoro a domicilio e a scuola, così da contaminare i diversi ambiti di vita. La formazione continua degli operatori e il costante monitoraggio clinico, inoltre, si faranno garanti di un progetto riabilitativo clinicamente e metodologicamente rigoroso, sempre in aggiornamento e in accordo con le emergenti evidenze scientifiche”.