Ascolta gli altri, ma decidi tu

Cosa penseresti se qualcuno ti dicesse “Non mettere al mondo figli, possono finire in galera, drogati o a battere per strada”? Penseresti che ti vuole demoralizzare inutilmente. Eppure siamo pronti a dare retta i profeti di sventura che di fronte alle nostre proposte sono pronti ad arricciare il naso, scuotere la testa e dirci che non funzioneranno. E’ giusto ascoltare tutti, soprattutto gli esperti e chi ci vuole bene. Ma sapendo che molti hanno paura delle novità, e che altrettanti sono invidiosi del successo altrui. Ascoltali, certo. Ma poi decidi con la tua testa. E con il tuo cuore.

Anche la crisi può servire

Dopo il terremoto una famiglia ringraziò Dio: perché, disse, siamo vivi. Non abbiamo più la casa ma abbiamo la cosa più importante: i nostri cari. Avendo rischiato di perderli ora capiamo quanto contano. E quanto conta l’amore che ci unisce. Le crisi servono a farci riscoprire l’essenziale. A gettare via il superfluo. E a rafforzarci nel carattere. Superata la crisi tutto sembrerà più facile.

Il momento giusto non arriva mai

Mi metterò in proprio quando tutto sarà a posto. Inizierò la nuova attività quando la situazione sarà perfetta. Chi ragiona in questo modo è destinato a restare al palo. Perché la situazione non è mai perfetta. C’è sempre qualcosa che non va. L’importante è avere valutato bene. Essere convinti di quanto si fa. Ed eventualmente correggere il tiro durante il percorso.  Se aspetti il momento ideale per partire dovrai aspettare a lungo. Molto a lungo. Come le coppie che vorrebbero sposarsi ma non si sentono pronte. E infine pronunciano il fatidico sì attraverso la dentiera. Perché nel frattempo sono diventate vecchie.

 

 

Posizioni di apertura e di chiusura

Giovanna mi chiede qualche dritta sul linguaggio non verbale. Vale a dire il linguaggio silenzioso del corpo. Che è molto più illuminante sulle reali intenzioni di una persona rispetto a quello che dice a parole. Perché le parole possono mentire, il corpo no.
Tanto per cominciare esistono posizioni di apertura e chiusura. Le posizioni di chiusura corporea denotano chiusura psicologica o timore, mentre quelle di apertura corporea indicano apertura psicologica, cordialità, sicurezza. Chi ti accoglie con braccia e gambe incrociate non è ben disposto nei tuoi confronti come chi ti accoglie a braccia aperte (in senso sia fisico che metaforico). Ricorda comunque che tutti i gesti vanno valutati nel loro contesto. Forse chi ti ha accolto a braccia conserte – soprattutto in questi giorni di freddo polare – non era ostile, ma aveva freddo e stava semplicemente cercando di riscaldarsi!

Gli arroganti? Sono insicuri

Hai un o un collega capo arrogante, supponente, che non ammetterebbe mai di aver sbagliato? Si tende a dire che chi si comporta così ha un carattere forte. Invece è molto debole e insicuro. Infatti teme la critica: perché intacca la sua autostima e la fiducia nelle sue capacità. Insomma, basta poco per mandarlo in crisi.
Evita di indicargli apertamente i suoi errori: lo metteresti sulla difensiva. E, peggio ancora, potrebbe prendersela con te: i prepotenti insicuri sono spesso permalosi e vendicativi. Meglio far sembrare che sia lui a notare le mancanze. Parlando con lui, e seminando nella conversazione frasi come “Forse si potrebbe…” “Cosa ne diresti se…” “Credi che sarebbe una buona idea se…” Insomma, gli passi la palla. Arrogante com’è, se ne approprierà e rivenderà l’idea vincente come sua. Ma quel che conta è che ti sarà grato. Perché lo avrai corretto facendogli fare bella figura.

 

 

 

Angelo e Gilda, il coraggio di reagire

Cosmos (cosimocolletta@gmail.com) mi scrive, polemicamente: E’ facile a parlare di ottimismo quando si ha il vento in poppa! Molte realtà di malattia, povertà etc non sempre hanno via di uscita… Proprio perchè conosco molto bene queste realtà attraverso l’associazione di volontariato da me fondata, i City Angels (www.cityangels.it), so che per uscire da situazioni difficili piangersi addosso, lamentarsi, imprecare contro la malasorte e contro il mondo intero non serve a nulla, se non a sentirsi ancora peggio.
Ti porto gli esempi di due miei amici carissimi: Angelo Starineri e Gilda Paolillo. Entrambi di Milano, la mia città. Angelo è stato per molti anni un clochard. Dormiva in piazzale Cadorna, davanti alla stazione ferroviaria. Poi, un giorno, ha preso una decisione: non ce la faccio più di questa vita, voglio cambiare a tutti i costi. Si è messo a bussare alle porte delle Istituzioni, dei servizi sociali, delle associazioni umanitarie. Alla fine ha trovato un lavoro e una casa. E in questi giorni sarà un televisione, su Rai2, a raccontare la sua storia. E a spiegare che non ci si deve mai arrendere. Nemmeno nelle situazioni più drammatiche. Come quella di Gilda. Era una bella ragazza piena di vita, volontaria dei City Angels e agente di polizia. Un’ischemia cerebrale l’ha paralizzata dal mento ingiù. E da quattro anni è relegata in un letto. Ha pensato a farla finita. Ma poi ha deciso di vivere con la minor sofferenza possibile, e con la maggiore gioia possibile. Trascorre le sue giornate leggendo, ascoltando musica, dettando poesie a sua madre. E ora è lei a rincuorare gli altri. Loro la compatiscono, lei li sgrida: bisogna reagire, non possiamo piangerci addosso! Oggi mi ha mandato un sms di auguri per l’anno nuovo: Mai arrendersi, la vita va vissuta fino in fondo, nella gioia e nel dolore. Impariamo da Angelo. E da lei.