Erano le 22. Ero in aeroporto, sfatto dopo una giornata di seminari, in attesa di prendere il volo per tornare a Milano. Ed ero arrabbiato perché mi ero macchiato la camicia con un succo. Una donna mi guarda, perplessa. Io la guardo, infastidito. Mi chiede: E’ Mario Furlan? Sì, rispondo imbarazzato. E lei: Stamattina sono stata a un suo seminario di motivazione, perché non sta sorridendo? Mi sono vergognato. Mi sentivo colto in castagna: io che predico la positività mi ero fatto sorprendere con le scatole girate. Poi ci ho riflettuto. Ho pensato che siamo fragili. E che la nostra… Continua a leggere