Renato Caruso, classe 1982, suona dall’età di 6 anni: chitarra e pianoforte sono i primi strumenti ai quali si avvicina. Il chitarrista e compositore lavora per cinque anni presso l’accademia musicale di Ron, “Una Città Per Cantare”, come docente di chitarra classica, acustica ed elettrica, teoria e solfeggio, informatica musicale e responsabile web. Nel corso della carriera si è esibito con artisti come Ron, i Dik Dik, Alex Britti e Fabio Concato. Nel 2015 ha pubblicato il suo primo libro, La Mi Re Mi, e nel 2016 l’album di debutto ARAM. Inventore del genere “Fujabocla” (un mix di funk, jazz, bossa nova e classica), ha pubblicato nel 2018 l’album Pitagora Pensaci Tu e ha partecipato a festival come il Fiuggi Guitar Festival e il MEI di Faenza. Nel 2021 è uscito l’album Grazie Turing, seguito dal libro # Diesis o Hashtag?, e nel 2022 ha lanciato tre NFT legati al concetto di “Relatività Musicale”. Attualmente insegna chitarra e informatica musicale in diverse accademie.
1. Il tuo percorso artistico ha una forte connessione con il mondo dell’informatica, come dimostrano anche progetti come “Grazie Turing” e il concetto di “Relatività Musicale”. Come ti sei avvicinato all’informatica e in che modo questa disciplina ha influenzato la tua visione della musica e del processo creativo?
Il mio avvicinamento all’informatica è nato dall’interesse per la matematica, che è sempre stata l’unica materia scolastica a piacermi. Nonostante avessi poche conoscenze pratiche, scelsi l’informatica all’università, per poi scoprire un mondo affascinante fatto di programmazione, linguaggi e sistemi operativi. L’informatica ha cambiato il mio modo di vedere la musica, spingendomi a esplorare l’interazione tra algoritmi e creatività. Questo ha dato vita a progetti come “Grazie Turing”, che omaggia il pioniere dell’informatica non solo per il suo ruolo nello sviluppo dei computer, ma anche come precursore nell’uso dei calcolatori per generare musica. La “Relatività Musicale” rappresenta un’estensione di questa visione, considerando la musica non solo come una sequenza di note, ma come un’entità influenzata dal tempo, dal contesto e dall’ascoltatore, con un legame profondo tra scienza e arte.
2. Hai un forte background in informatica musicale. In che modo i concetti matematici e tecnologici che hai studiato si collegano alla creazione del “Big Chord” e all’esplorazione delle possibilità digitali nella musica contemporanea?
La mia formazione in informatica musicale mi ha permesso di esplorare a fondo le strutture matematiche alla base della musica. La “Teoria del Big Chord” nasce dal desiderio di unire concetti scientifici e musicali, immaginando l’universo come un pentagramma dove i pianeti sono note che vibrano secondo leggi armoniche. Utilizzare strumenti digitali e algoritmi mi ha consentito di esplorare nuove possibilità sonore, sperimentando sia con tecnologie avanzate che con suoni vintage, come quelli degli 8 bit. Questa combinazione di elementi tradizionali e digitali apre nuove strade per la musica contemporanea, mantenendo una base teorica ma abbracciando anche la sperimentazione.
3. La “Teoria del Big Chord” collega musica e scienza, due mondi spesso visti come separati. Come pensi che questo concetto possa influenzare l’evoluzione della musica digitale e la percezione della musica come linguaggio universale?
La “Teoria del Big Chord” parte dal presupposto che musica e scienza non siano così lontane come si pensa, dato che entrambe si basano su principi universali di armonia e ordine. In un contesto di musica digitale, questa teoria può contribuire a una nuova comprensione della composizione musicale, superando le tradizionali barriere teoriche e culturali. Vedendo la musica come un linguaggio matematico di vibrazioni e frequenze, è possibile creare una connessione più profonda con il pubblico, in cui la scienza arricchisce l’arte. La musica è per me il suono dell’anima numerica, va oltre il numero, perché l’anima è più importante. Questo approccio può portare a una percezione più ampia della musica come un linguaggio universale, capace di connettere emozioni e razionalità in modi nuovi e significativi.