Se sei sopra gli anta, ricorderai che una volta era facile perdersi. Per trovare una località non c’era Google Maps; per andare diritti a destinazione in auto non c’erano né il vecchio TomTom, né il nuovo Waze.
Era più facile perdersi, ma dopo esserci persi ritrovavamo la strada. Oggi perdersi è diventato quasi impossibile i: c’è sempre un algoritmo che ci guida.
Oggi la guida esterna non si limita ai nostri viaggi in auto, ma si è estesa a tutta la nostra vita. E, ancora di più, alla vita dei nostri figli. Quante volte ricevo genitori preoccupatissimi perché il loro pargolo – che magari ha già 25 anni suonati, o magari è addirittura sulla trentina – non ha ancora trovato la sua strada nel mondo!
Scavando, scopri che c’è uno schema perverso che si ripete in questi casi. Scopri che questo giovane è sempre stato iperprotetto. Che da minorenne, e anche dopo, è stato trattato da minorato. Da bambino i genitori hanno, per amore, evitato che sudasse, quando giocava con gli altri bambini; da ragazzino gli hanno proibito di andare a scuola da soloo; da ragazzo hanno pregato gli insegnanti di promuoverlo, anche se non se lo meritava affatto. Così il loro figlio, in una vita priva di ostacoli da rimuovere, in cui mamma e papà fanno tutto per lui, è rimasto piccolo. Quando invece dovrebbe essere grande già da un pezzo.
Impariamo solo sbagliando, cadendo, sbattendo il naso. Solo così cresciamo, e impariamo a credere in noi stessi. Evitare di farci sbagliare non significa proteggerci dai problemi. Ma crearne altri, molto più grandi e duraturi.
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