Avrai probabilmente notato che, di fronte ad una contestazione, chi dice il vero non si scompone più di tanto.
Sa di essere nel giusto. Ha fiducia che, prima o poi, la verità verrà a galla. E di solito risponde, magari ferito ma non eccessivamente aggressivo, con parole come “E’ così, se non mi credi informati!”
Invece chi racconta bugie si agita di più. Urla, strepita. Minaccia. Promette sfracelli. E ripete, ossessivamente: “Non è vero! Ho detto la verità!” Crede, infatti, di dimostrare la sua buona fede, e di ingannare il prossimo, accalorandosi, indignandosi, insultando. Passando, cioè, dalla difesa pacata all’attacco violento.
Non è, evidentemente, sempre così: molto dipende dall’emotività dell’individuo. Ma spesso le cose stanno proprio così.
Le dittature stanno lì a dimostrarlo. Sono aggressive, minacciose. Cercano di intimidire. E fanno largo uso di parole che celano il loro esatto opposto. Se una repubblica si definisce “Democratica e popolare”, puoi stare sicuro che è autocratica. E che il tanto osannato popolo conta zero.
“Gott mit uns”, Dio è con noi, era scritto sulla fibbia della cintura dei soldati nazisti. Che violavano qualunque tipo di etica, divina e umana. E Donald Trump ha dato vita a un social network chiamato Truth, verità. A riprova di quanto sopra.
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