Mario Furlan, life coach – Niente processo alle intenzioni!

“Hai voluto farmi del male di proposito!” “No, non è vero!” “Invece sì!” “Invece no!” Sappiamo come vanno a finire certe discussioni: tu rinfacci all’altro un comportamento doloso, l’altro si difende e si finisce in rissa. Ti consiglio, quindi, di evitare il processo alle intenzioni. Accusare di aver voluto fare qualcosa di negativo significa avere la presunzione di leggere nella mente dell’altro. D’accordo, lui si è comportato male; ma sei sicuro che l’abbia fatto volontariamente? E se anche così fosse, rinfacciarglielo non serve: lui ribatterà che è falso. Meglio, invece, dirgli come tu hai reagito al suo agire. “Mi sono sentito ferito”; “Non riesco a fidarmi di te”; non lo stai accusando, ma stai esprimendo le tue reazioni. E lui eviterà di mettersi sulla difensiva.

Rimproverare è come operare: solo in casi estremi!

Sono stato operato di ernia inguinale lo scorso luglio. Il medico mi disse che l’intervento era necessario, altrimenti l’ernia avrebbe continuato a ingrossarsi. A distanza di due mesi la ferita non si è ancora del tutto rimarginata. Non riesco ancora a correre. Ma ne è comunque valsa la pena.
I rimproveri sono come le operazioni. A volte sono l’unica soluzione. Ma vanno usati il meno possibile. E solo nei casi estremi. Perché il rimprovero lascia una ferita nell’animo. A volte si rimargina presto. Altre volte rimane tutta la vita. Perché può offendere. Mortificare. Umiliare. E distruggere un rapporto per sempre.

Mario Furlan, life coach – Vigliacco chi non risponde al telefono!

Mario Furlan, life coach

Mario Furlan, life coach

Ti è mai successo che qualcuno, di punto in bianco, sparisca dalla tua vita? Telefoni, mandi sms, spedisci mail, ma non ti risponde? A me è capitato. Facendomi arrabbiare. Soprattutto se ho creduto in questa persona. Se si trattava, cioè, di qualcuno  che consideravo amico; o se avevamo  progetti da sviluppare insieme. Per non parlare di quando il mio partner è scomparso dalla circolazione, come inghiottito dal terreno (una volta mi è successo pure questo!)
Chi, improvvisamente, si eclissa è un codardo. Qualcuno che non ha il coraggio di affrontarti. Perché teme la tua reazione. E allora preferisce fuggire. E’ lecito cambiare idea. E’ possibile voler troncare i rapporti. Ma c’è modo e modo di farlo. Spiegarne il motivo è da persona responsabile. Fuggire è da vigliacco.

Ogni giorno su Facebook  i consigli del life coach Mario Furlan!

Chi se la tira è insicuro

Chi se la tira è insicuro. Ha bisogno di nascondere la sua scarsa autostima dietro una cortina fumogena di titoloni, qualifiche e patacche. Ricordo le mail,  grottesche, del presidente di un’azienda ai suoi dipendenti. Iniziavano con “Io, Amministratore delegato della società…”, e terminavano con la sua firma e, sotto, di nuovo la qualifica “Amministratore delegato della società”. Come se chi lavorava con lui non sapesse che era il capo. Perché, allora, aveva bisogno di ribadire continuamente il suo ruolo? Perché era insicuro. E temeva che qualcuno potesse toglierglielo. Chi, invece, è sicuro di sé non ha queste smanie. Sa che vale comunque. Non per la qualifica che ha, ma per quello che è.

Sei colpevole o responsabile?

Non mi piace parlare di colpe. Perché significa cercare il colpevole. E, dal momento che nessuno vuole sentirsi in colpa, la si addossa agli altri. Con il risultato che si arriva allo scaricabarile: la colpa è sempre di qualcun altro.
Preferisco parlare di responsabilità. Come spiega l’etimologia della parola, è responsabile chi è abile, cioè capace, di rispondere, cioè di reagire, nel mondo migliore in situazioni difficili. Tutti rifiutiamo di essere additati come colpevoli. Ma molti accettano di assumersi delle responsabilità.
Chi parla di colpe ha in genere una mentalità accusatoria, negativa, aggressiva. Chi parla di responsabilità è più positivo, collaborativo. E serio. Colpa e responsabilità: due parole che possono sembrare simili, ma che denotano un atteggiamento completamente diverso. Disfattista in un caso, costruttivo nell’altro.

Gli aggressivi sono paurosi

Da bambino ero estremamente timido, chiuso, impaurito degli altri. I compagni di classe mi prendevano in giro per questo, e me ne vergognavo. Così, nella speranza di venire rispettato, decisi di cambiare radicalmente atteggiamento. E mi misi a fare il duro, il bullo. Con il risultato di farmi odiare.
L’aggressività è l’altra faccia della paura. Ed è un sintomo di insicurezza. Chi è sicuro di sé non ha bisogno della violenza, verbale o fisica, per farsi rispettare. Ma a volte è difficile trovare il giusto mezzo tra i due estremi. Essere forti, ma non aggressivi; gentili, ma non deboli; umili, ma non timidi; orgogliosi, ma non arroganti: lo impariamo con l’esperienza.  Che, come diceva Oscar Wilde, è il nome che diamo ai nostri errori.

Ricevi ciò che dai

Le persone con più amici sono le più amichevoli. Quelle che ricevono più amore sono le più amorevoli. E quelle che ricevono più ostilità sono le più ostili. E’ una legge di natura: riceviamo ciò che diamo. E nella misura in cui diamo. E quindi prima di pretendere, o di chiedere, dobbiamo dare.
Il contadino non può chiedere al Padreterno di dargli  frutti se prima non semina e ara il campo. Il lavoratore non può chiedere l’aumento al capo se prima non gli dimostra di meritarlo. E’ il vecchio do ut des. Che non vale sono nel campo economico, materiale. Ma anche in quello dei sentimenti e delle emozioni.

Non imporre il bene, non verrà accettato

Spesso sappiamo benissimo cosa è per il nostro bene e cosa no. Ma abbiamo un atteggiamento infantile. Da bastian contrario. Se ci sentiamo costretti a fare qualcosa di positivo preferiamo rifiutare, e ci ostiniamo più di prima a continuare nel comportamento negativo. Ripetuti studi mostrano, ad esempio, che i fumatori cui viene insistentemente chiesto di smettere si mettono a fumare di più. Per ripicca.
Non agiamo in base a un ragionamento logico, ma sulla scia delle emozioni. E, sin dall’infanzia, ciò che viene percepito come un’imposizione, anche se a fin di bene, viene vissuto male. Vuoi aiutare qualcuno a cambiare? Opera in modo che la decisione sia sua. Solo così la accetterà.

E-mail o telefonata?

Cosa fai, quando sei arrabbiato con qualcuno? Mandi una email o telefoni? Se mandi la mail non ha capito l’importanza della comunicazione. Le parole, da sole, rischiano di creare incomprensioni. Malumori. Screzi. Vanno bene per informare. Ma non quando c’è una questione delicata da risolvere. Molto meglio telefonare: il tono di voce, l’ascoltare le ragioni dell’altro e la possibilità di rispondere immediatamente alle domande consentono di disinnescare una situazione potenzialmente esplosiva. Che, una volta esplosa, può essere irreparabile.
E’ più facile, sull’onda dell’ira, sfogarsi via mail. Premi il tasto Invio. E il danno è fatto. Quelle parole, scritte in un momento di rabbia, resteranno per sempre, come chiodi, conficcate nel cuore dell’altro. Mentre una telefonata avrebbe potuto salvare il rapporto.

La colpa è sempre degli altri?

Un conoscente mi ha detto: Questo è un mondo di str…., ce l’hanno tutti con me! Avrei voluto rispondergli che forse lo str…. è lui: se non riesce ad andare d’accordo con gli altri la colpa non è degli altri, ma sua. E’ facile addossare sempre la colpa agli altri: ci aiuta a non assumerci la responsabilità delle nostre azioni. E quindi ad essere irresponsabili. Ma è un comportamento infantile. Il bambino è in balia degli altri. L’adulto maturo no. Ed è anche un comportamento vittimistico. E demotivante. Perché ti senti una nullità. Nelle mani di altri, che decidono della tua vita. Gli altri si comportano male? Non piangerti addosso, ma cerca di rimediare. E di capire se il loro agire è una reazione ad un tuo comportamento negativo nei loro confronti. Di cui forse non ti sei nemmeno reso conto. Perché notiamo subito i torti che gli altri ci fanno. Meno quelli che noi facciamo a loro.