Luciano Bassani, l’esperto in medicina rigenerativa

Il Prof. Luciano Bassani, esperto in medicina rigenerativa

Il Prof. Luciano Bassani, esperto in medicina rigenerativa

“Per curare qualcuno che soffre di mal di schiena, o ha un problema a qualche articolazione, bisogna valutarne il corpo nella sua interezza. Per questo sono scettico nei confronti dei medici settoriali, che curano soltanto il punto dove senti dolore. E sono scettico anche nei confronti dei medici che seguono, pedissequamente, i protocolli. Perché ogni persona è diversa dalle altre, e ciò che fa bene ad uno potrebbe nuocere ad un altro”.
Il Prof. Luciano Bassani è un fisiatra esperto in in medicina rigenerativa. Ma definirlo fisiatra  sarebbe troppo poco: è il pioniere italiano della proloterapia, la scienza che consente di attivare un processo di guarigione ai tendini, ai legamenti e alle articolazioni attraverso l’iniezione di sostanze irritanti come il glucosio ipertonico. Queste sostanze, infatti, causando una piccola irritazione, stimolano la produzione di collagene e favoriscono  attraverso la rigenerazione la remissione della patologia. Il che è molto utile sia per la cura delle forme degenerative, sia per aiutare gli sportivi affetti da problemi al sistema muscolo scheletrico..
Nel suo studio milanese di viale Majno si praticano, oltre alla classica osteopatia, varie terapie innovative, come l’ossigeno ozonoterapia  utile per  la cura delle ernie discali  ma anche per migliorare  il sistema immunitario perché fortifica la nostra reazione di difesa contro virus, batteri e funghi. E come l’auricoloterapia, che attraverso stimolazioni di vari punti dell’orecchio rafforza l’organismo.
Ma il Prof. Luciano Bassani è anche un filantropo: è stato due volte nella foresta dell’Honduras, per praticare infiltrazioni di proloterapia agli indigeni; è impegnato in missioni umanitarie in Grecia e  Bulgaria; e si prende cura degli anziani tramite il suo ruolo di Assessore all’rsa della Comunità ebraica di Milano.

Sono arrivati i Colpitori

Il poeta Dome Bulfaro

Il poeta Dome Bulfaro, con Federica Guglielmini promotore del Manifesto dei Colpitori

Difendiamo e colpiamo! Nasciamo come forma di difesa in reazione a questa società liquefatta. Ci ribelliamo al degrado sociale, culturale e umano a cui assistiamo… mai saremo schiavi degli algoritmi”.
Inizia così il “Manifesto dei Colpitori”, che si richiama vagamente a quello del futurismo di inizio Novecento di Filippo Tommaso Marinetti, ma che si presenta diametralmente opposto nel suo essere apartitico, laico e soprattutto nato da un’idea sogno di una intellettuale donna che non manca di carattere, talento e carisma, tutte doti che sono appartenute al fondatore dei Futuristi.
 Ideatori di questo movimento, che vuole scuotere la società usando il pugilato,la sua nobile arte come metafora e simbolo, sono Federica Guglielmini educatrice e scrittrice e l’artista e docente Dome Bulfaro, considerato da molti il professor Keating italiano. “I colpitori sono i guanti rigidi che servono ad attutire i colpi negli sport da combattimento. Questi sport, e la boxe in particolare, rappresentano il mondo in cui crediamo: un mondo con valori, dove si raggiungono gli obiettivi con quel sacrificio, che si fa opera d’arte nella ricerca del miglioramento di se stessi e che poi si riflette in società. Senza un incontro di idee, di visioni culturali che riescano a vedere le ferite sociali (anche quelle che non si vedono) non potremo mai dirci migliori. L’icona culturale del pugile può essere di ispirazione per un’intera generazione che si mostra più violenta, senza confini emotivi, fragile tanto quanto è la società in cui viviamo. La boxe nel suo linguaggio scenico ti insegna a tirarti su quando finisci al tappeto. I maestri di boxe fanno la stessa fatica e hanno lo stesso valore educativo dei docenti a scuola: devono saper tirare fuori il meglio dai ragazzi e dalle ragazze di oggi, allenandoli a difendersi dai colpi della vita”.
Federica frequenta corsi di pugilato presso la suggestiva palestra “Heracles Gymnasium” di via Padova a Milano che colpisce il cuore di chi entra per la sua bellezza, decorata da arazzi e illustrazioni di artisti. La palestra è dell’ex campione italiano di boxe Renato De Donato, un pugile laureato, professore universitario amante della cultura dell’antichità e musica classica: la sua palestra unica in tutta Italia e Europa ha una grande biblioteca dove accoglie i ragazzi per studiare dopo la scuola e dove possono anche allenarsi. Si tratta di un vero e proprio avamposto culturale in grado di leggere i bisogni della città, in quella unione fra pugilato e cultura che ha sempre fatto la differenza nella storia contro il degrado culturale e sociale. Renato De Donato è fra i firmatari del Manifesto dei Colpitori con altri grandi artisti e professionisti come Mario Ireneo Sturla, Mauro Cicarè, Riccardo Mauri e Michele Carrieri.
Noi abbiamo fatto nostro il sudore del pugile, la sua capacità di coltivare il dolore a favore di un progetto di vita” recita il Manifesto.  Che continua: “La preparazione, l’iniziazione e l’ascesi del boxeur rappresentano il nostro codice etico e pedagogico” volto all’educazione dei giovani, “manipolati da una tecnologia sempre più disumanizzante”.
Il movimento dei Colpitori vuole dunque essere quello sparring partner culturale dei nostri tempi troppo veloci, dopaminici, dove il rispetto verso il prossimo deve risaldarsi in un quadrato sociale e in cui sfatare il mito manzoniano: “il coraggio uno se non ce l’ha non se lo può mica dare”.
I rapporti umani, gli ideali, si rarefanno a vantaggio del mondo digitale e virtuale. Qual’ è l’icona culturale e sportiva in cui gli italiani possono dire di sentirsi rappresentati, non patinata, ma esemplare nella vita di tutti i giorni?
Non sempre il cosiddetto progresso porta vantaggi, stiamo pagando il prezzo della macchina veloce futurista; oggi siamo di fronte a questa involuzione e noi ci difendiamo. Per inseguire i nostri sogni, per non farceli strappare via ognuno di noi deve trovare il proprio pugile interiore, ma soprattutto qualcuno deve fare il primo passo perché gli altri credano che sia ancora possibile, questo fanno le icone culturali, questa è la storia del viaggio dell’eroe che abbiamo bisogno di sentire ancora e ancora, sia che si vinca o si perda. Seppur manchi la figura del grande campione come ai tempi dei Parisi, Stecca, Damiani ecc., questo non ci ha impedito di trarre dal messaggio della nobile arte quel coraggio per iniziare questa impresa che ci sta facendo dialogare con gli intellettuali, artisti, atleti, giornalisti e docenti in tutta Italia che si sentono Colpitori e che rivedono nel manifesto un’opera d’arte nata dai sogni e dalle ferite del nostro tempo.”

Mario Furlan, life coach – Ecco da cosa dipende la tua reputazione

Mario Furlan è un formatore, un life coach ed è anche il fondatore dei City Angels

Mario Furlan è formatore, life coach e fondatore dei City Angels

Stai attento a cosa dici degli altri, perché questo influenza il modo in cui ti vedono!
Sembra strano, eppure è proprio così. In psicologia si parla di “trasferimento spontaneo di tratti”: se sei abituato a sottolineare le qualità positive delle persone, i tuoi interlocutori ti vedranno sotto una luce migliore. Perché ciò di cui parli si trasferisce, nella loro mente, a te. Vieni associato a quelle caratteristiche.
E’ vero anche l’opposto. Per cui chi ha il vizio di parlare male degli altri giudicato negativamente da chi lo ascolta. Anche perché si domanderà se, quando non c’è, parli altrettanto male di lui.
Comincia a cercare il bene negli altri. Lo so, è più facile trovare il male. Ma fallo. Non per il loro bene, ma per il tuo!

Ogni giorno su Facebook  i consigli del life coach e business coach, formatore e motivatore Mario Furlan per la tua motivazione e la tua crescita personale!
Mario Furlan è stato eletto “miglior life coach d’Italia” dall’Associazione Italiana Coach.

L’automatizzazione delle risorse umane aiuta gli HR leader a fare scelte migliori

L’automazione delle Risorse Umane aiuta gli HR leader a fare scelte migliori per le proprie organizzazioni

Workday, Inc. (NASDAQ: WDAY), fornitore leader di applicazioni cloud aziendali per la gestione finanziaria e delle risorse umane, ha recentemente incaricato IDC di condurre uno studio, i cui risultati sono consultabili in questo IDC InfoBrief. Lo studio mirava a indagare il sentiment circa l’automazione nella funzione HR e a supportare le organizzazioni nella loro transizione verso un futuro orientato ai risultati.

Il mondo HR si è evoluto notevolmente negli ultimi anni e non si limita più all’esecuzione di processi centrali come l’amministrazione, il reclutamento, l’assunzione o il licenziamento del personale e la valutazione delle performance dei dipendenti.

Oggi le Risorse Umane si concentrano principalmente sull’ottimizzazione dell’esperienza complessiva dei dipendenti, promuovendo diversità, equità ed inclusione, oltre che sulla formazione e la riqualificazione dei dipendenti, fornendo consulenza e reporting dettagliati, e sulla guida della comunicazione interna.

La sfida principale per i dipartimenti HR è che non riescono ad aumentare l’organico per far fronte a questi nuovi carichi di lavoro, oltre ad avere difficoltà a trovare il personale per svolgere le tradizionali attività HR. Ecco perché i leader HR considerano l’automazione essenziale nel supportare i propri dipartimenti, che sono sempre più impegnati ad affrontare le nuove sfide in modo efficace e spostare l’attenzione su attività che creino valore.

Aree chiave per l’automazione HR

Secondo l’InfoBrief, le aziende che desiderano abbracciare l’automazione delle Risorse Umane e la transizione verso un futuro orientato ai risultati devono concentrarsi su cinque aree chiave:

  1.  Workforce Operations: garantire l’efficienza nell’amministrazione dei dipendenti, l’accuratezza delle buste paga, l’impiego dei dipendenti adeguati al momento e nel luogo giusti e una visione inclusiva dei lavoratori temporanei sono aree fondamentali, perlopiù caratterizzate da compiti ripetitivi. L’automazione può apportare miglioramenti notevoli in ciascuna di queste aree.
  2.   Attraction & Retention: l’attraction è passata dall’identificazione e selezione dei candidati migliori alla semplice acquisizione di nuovi dipendenti in un mercato del lavoro sempre più ristretto. In un contesto HR orientato ai risultati, significa che le organizzazioni devono essere attrattive sul mercato, il processo di reclutamento deve essere snello e l’onboarding produttivo e rapido.
  3.     Workforce Transformation: aiutare i dipendenti a crescere attraverso l’apprendimento e la formazione per soddisfare i nuovi requisiti richiesti dalle aziende. Questo processo dovrebbe essere guidato dalle competenze e dalle esperienze dei dipendenti, dalle posizioni aperte disponibili, dai lavori e dai progetti in corso, nonché dalla direzione in cui ciascun dipendente vorrebbe evolvere la propria carriera. Molte organizzazioni preferiscono riqualificare e migliorare le competenze dei propri dipendenti piuttosto che reclutare nuove risorse che abbiano le competenze desiderate.
  4.     Measurement, Insights & Agility: la misurazione e gli insight sono fondamentali per l’HR, poiché consentono di migliorare sia l’efficacia sia la rilevanza della strategia aziendale. Le temute valutazioni delle performance dovrebbero trasformarsi da valutazioni annuali a un coaching continuo basato sui dati. Una rigida gerarchia dovrebbe essere abbattuta e sostituita da team inter-funzionali orientati ai risultati aziendali e al benessere del cliente. La gestione delle retribuzioni evolve da accordi individuali complessi a politiche retributive più chiare ed equamente applicate.
  5.     Future-Proofing HR Department: l’AI diventa determinante per il monitoraggio delle metriche HR in tempo reale. Questa progressione richiede una collaborazione più stretta tra risorse umane, IT e altri dipartimenti per integrare perfettamente le tecnologie e consentire un’interpretazione efficace dei dati. In questo contesto è essenziale migliorare le competenze del team HR nell’analisi dei dati, nell’apprendimento automatico e nella tecnologia HR.

Mario Furlan, life coach – Quando serve pensare a rutti e scoregge

Da come reagisci a chi ti insulta si capisce che persona sei!

Da come reagisci a chi ti insulta si capisce che persona sei!

Se io ti insulto e tu ci resti male, di chi è la responsabilità? Mia?
Risposta sbagliata: è tua. Perché sei tu che mi consenti di ferirti. Mi dai, cioè, il potere di farti male. Mentre un altro potrebbe infischiarsene.
Segui il mio consiglio: se qualcuno ti vomita addosso ingiurie o cattiverie, restaci male soltanto se stimi quella persona, e se capisci che ti vuole bene. In tal caso è giusto che tu presti attenzione alle sue parole. Ma se non la stimi, e sai che gode nel ferirti, non darle questa soddisfazione. Immagina, quindi, che le sue parole siano rutti, o scoregge. D’altronde non hanno più valore di queste eruttazioni, a meno che non sia tu a dar loro valore restandoci male.
Come vedi, la scelta su come reagire è tua! Non sono gli eventi esterni a farci stare bene o male, ma il senso che attribuiamo loro. Non possiamo controllare gli eventi. Ma possiamo controllarne il significato.

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Mario Furlan è stato eletto “miglior life coach d’Italia” dall’Associazione Italiana Coach.

Mario Furlan, life coach – Come riacquistare la fiducia persa

Mario Furlan è un formatore, un life coach ed è anche il fondatore dei City Angels

Mario Furlan è formatore, life coach e fondatore dei City Angels

Perdere la fiducia di una persona è velocissimo: basta una parola, un gesto, un’azione che appaia come un tradimento. O un’offesa. O, più comunemente, scarso interesse e rispetto nei confronti dell’altro. Invece ci vuole molto tempo per costruire un rapporto di fiducia; e ancora più tempo per ricostruirlo quando è stato incrinato. Ecco come fare.
Giurare che non abbiamo tradito la fiducia, che non abbiamo agito o parlato alle spalle, che non è vero che ce ne siamo infischiati serve a ben poco. Le parole stanno a zero. Quando la fiducia viene meno, dobbiamo ricostruirla con i fatti.
Innanzitutto è bene chiedere scusa, apertamente e sinceramente, se abbiamo sbagliato. E poi serve anticipare cosa faremo, e poi farlo sul serio, e nei tempi prefissati. “Farò così e così”: dirlo e poi farlo davvero aiuta a renderci credibili. Soprattutto in una società dove tanti (e non solo i politici) promettono a vanvera. Assicurano che faranno, e poi non fanno nulla. Risultando, così, inaffidabili.
Se promettiamo, dobbiamo mantenere ogni singola promessa. Fino all’ultima virgola. Anche la più insignificante. Insignificante per noi, forse. Ma non per l’altro. Che ha bisogno di essere sicuro che può riprendere a fidarsi.

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